Parte del mondo cattolico lo condanna senza pietà. Eppure le contraddizioni del Cav (che sono anche le nostre) non cancellano il suo amore per la vita. Anche la più indifesa
di don Salvatore Vitiello
Link all’articolo originale su “La Verità“, 16 giugno 2023 https://www.laverita.info/non-era-bigotto-ma-aveva-fede-in-dio-2661374870.html
Non stupisce affatto il coro di estimatori o di detrattori che in questi giorni si è levato a fare da corteo funebre al defunto Silvio Berlusconi. La Chiesa, con il messaggio di cordoglio del Santo Padre e ancor più con la geniale omelia dell’Arcivescovo di Milano Delpini, si mostra sempre al mondo quale madre di tutti, anche degli uomini eventualmente controversi, e maestra per tutti, anche nelle circostanze più divisive. Stupisce piuttosto che, anche nella Chiesa, vi sia chi, come Vito Mancuso, ripropone il «bunga bunga», di fronte alla vicenda umana di chi è stato tra i principali protagonisti della storia italiana degli ultimi cinquant’anni.
Silvio Berlusconi è stato certamente un personaggio sempre radicalmente «fuori dagli schemi», così da rendersi inviso a qualunque forma di «appartenenza», che volesse addomesticarlo, al punto che – anche un cieco lo vedrebbe – si è deciso di eliminarlo dalla scena pubblica, strumentalizzando sue fragilità. Povertà che un certo mondo (anche cattolico) da un lato legittima e promuove ideologicamente, e dall’altro condanna e strumentalizza moralisticamente, a seconda della «corrente di amici o di pensiero».
Vito Mancuso afferma di non poter dire bene di Silvio Berlusconi perché il Bene coincide con la Giustizia e la Verità; afferma, con Alloisio, di temere «non il Berlusconi in sé, ma il Berlusconi in me»; afferma ancora che il peccato originale del «berlusconismo» sarebbe aver fatto dilagare in Italia la religione dell’io, contrapponendovi le esigenze di una presunta religione universale, moralistica, francamente dal sapore inconfondibilmente anticristiano.
A tutto questo ha risposto magistralmente l’arcivescovo Delpini. Prima del bene operato o meno, corrisposto o negato, dato o trattenuto, che solo a Dio spetta, in ultima istanza, di giudicare (co- me non ricordare il noto «chi sono io per giudicare» di Papa Francesco!), l’uomo, ogni uomo, anche Silvio Berlusconi, è desiderio, domanda di bene. Un desiderio di bene che l’arcivescovo ha declinato in desiderio di vita, di amore e di gioia, dei quali Dio solo è il giudice e il compimento. A chi ha temuto Silvio Berlusconi e dice ora di temerlo «dentro di sé», l’arcivescovo ha risposto guardando, senza alcun timore, alla verità ultima di quest’uomo che, come ogni uomo, anche chi non lo sa, cercava Dio e che, ora, si trova davanti a Dio. Berlusconi non va temuto, ma amato come ogni fratello, perché dentro di lui ardevano le stesse domande fondamentali che ardono nel cuore di ogni uomo e che lo spingono a fare tutto, nella speranza di trovarvi risposta. E qualunque sia il segno di questa risposta, quella domanda è sempre po- sitiva, sempre da abbracciare, mai da temere.
A chi infine, con un moralismo ad intermittenza, con un cristianesimo addomesticato alla religione universale, accusa Berlusconi di aver insinuato in Italia la religione dell’io, rispondono i funerali religiosi, durante i quali il corpo di quest’uomo giaceva a terra nel Duomo di Milano, davanti all’altare di Dio, con tutte le sue contraddizioni, come ogni altro uomo… e risponde Silvio Berlusconi stesso quando – vogliamo ricordarlo -, nel 2009, appose la propria firma, come presidente del Consiglio al decreto urgente con cui tentò di salvare la vita ad Eluana Englaro, mostrando a tutti di riconoscere un Dio sopra il cielo, e di amare davvero la vita, perciò di amante anche la vita altrui. Grazie Silvio.