Si sono presi in esame, nel precedente articolo (12/2009), lo spazio e la responsabilità sia del Vescovo sia del Clero nella formazione permanente. In questa ideale prosecuzione del discorso, ci si sofferma particolarmente sui possibili contenuti di un percorso di autentico aggiornamento, infatti particolarmente delicata, per l’Ordinario e per chi collabora con lui al progetto di formazione permanente, è la scelta dei temi da sviluppare nei differenti itinerari di formazione permanente. Presento alcune coordinate di metodo, per poi addentrarmi in qualche esemplificazione.
- Coordinate di metodo
Innanzitutto ritengo si debba porre grande attenzione al cammino intero della Chiesa universale. Proprio per le premesse teologiche suesposte, che collocano la formazione permanente in quell’itinerario costante di comunione del Sacerdote, nel presbiterio, con il Vescovo, è fondamentale che il Vescovo stesso dia chiari segnali nella direzione della comunione, anche pastorale e di metodo, con la Chiesa Universale. Sarebbe per lo meno anomalo che, se tutta la Chiesa, ad esempio, vivesse l’anno paolino, in qualche diocesi si celebrasse un anno giovanneo o altre iniziative, magari in se stesse buone, ma palesemente dissonanti con il cammino comune.
Tale comunione, oltre che sui temi generali, deve palesarsi anche nei contenuti e nell’attenta scelta dei relatori. La fedeltà al magistero ecclesiale, nello svolgersi dei temi di formazione permanente per il clero, non è soltanto un grave obbligo di comunione, ma, a lungo andare, è anche garanzia di “successo” e di partecipazione per i Sacerdoti. Nel ministero c’è un chiaro e contino bisogno di certezze, di capacità di “dare le ragioni” anche degli ambiti e delle norme più difficilmente recepibili dalla mentalità comune.
Temi, incontri o relatori che confondano ancora di più le idee, magari presentando “l’ultima avanguardia teologica” come la soluzione di tutti i problemi, evidentemente, non svolgerebbero un buon servizio né al clero, né alla formazione né, tantomeno, alla causa dell’evangelizzazione.
Un’altra nota di metodo rilevante è rappresentata dal fatto che la formazione permanente deve essere, appunto!, “formazione”. Quindi è necessario fare una chiara scelta di campo e riservare i tempi e gli spazi del progetto di formazione, a tematiche di carattere culturale, riservando ad altri momenti tutto quanto riguardasse la programmazione pastorale o altri ambiti assimilati. Ovviamente non si tratta, in tal senso, della pretesa che i Sacerdoti divengano tutti degli intellettuali – anche perché sarebbe interessante verificare come il rapporto tra cultura e mondo intellettuale è, oggi, in profonda revisione ed elaborazione – si tratta, piuttosto, di offrire e ri-offrire tutti quegli strumenti indispensabili per leggere al realtà, rileggere al dottrina e permettere, anche in tal modo, un’opportuna sintesi ed una migliore azione pastorale.
Uno dei principali contenuti del piano formativo, deve essere quello dottrinale. Sempre in sintonia con il magistero ecclesiale, è opportuno che il progetto sia flessibile alle esigenze che, di volta in volta, si pongono: la presentazione dei documenti del magistero, soprattutto Pontificio e Romano, l’approfondimento dei contenuti, la verifica dei rapporti tra Magistero e contemporanee circostanze storico-culturali, imparando anche a rispondere alla domanda sul “perché” in quel determinato momento la Chiesa abbia scelto di pronunciarsi in quel determinato modo. È necessario ed urgente che i sacerdoti si riapproprino ed imparino a trasmettere ai fedeli, degli strumenti fondamentali dell’evangelizzazione: fatta salva, ovviamente, la Sacra Scrittura, dobbiamo riconoscere che il Catechismo della Chiesa Cattolica ed il Compendio, non sono ancora pienamente entrati nel modo comune ed universale di fare catechesi. Essi, al contrario, rappresentano veri e propri “fari” per illuminare il cammino, e la loro conoscenza ed approfondimento, anche teologico, costituirebbe un ottima risorsa per la formazione permanente del Clero. Risorsa di formazione sia personale sia, ed è di grande rilievo, pastorale.
Oltre all’aspetto dottrinale, il progetto di formazione è chiamato a tenere in grande considerazione anche quello spirituale. Se è vero che tutti i sacerdoti sono da considerarsi sempre come “maestri nello Spirito”, è altrettanto vero che essi per primi hanno necessità di rinnovamento e formazione. Non confondendo mai la formazione permanente con gli esercizi spirituali veri è propri, nulla impedisce di inserire nei contenuti di un piano di formazione, anche quelle che, nella tradizionale struttura degli esercizi ignaziani, si chiamano “istruzioni”. Si tratta di vere e proprie lezioni, sui grandi padri della spiritualità. Tali percorsi avrebbero il grande merito di far conoscere cammini di santità, anche pedagogicamente molto interessanti nella storia della chiesa e, nel contempo, accompagnerebbero la “fatica della lettura” dei testi, sempre così difficile da sostenere per il clero contemporaneo; insieme potrebbero stimolare quella giusta curiosità intellettuale che è la prima spinta ad ogni movimento di approfondimento personale e a ogni più sana ricerca.
La conoscenza dei maestri dello spirito cristiano ha grandi conseguenze sia sulla personale spiritualità, sia sulla pastorale e, soprattutto, sulla delicatissima dimensione dell’esercizio del ministero della riconciliazione, nel quale le anime si aprono a Dio e al Sacerdote. È urgente stimolare la rifioritura di quel tesoro prezioso, e forse un po’ abbandonato, che è la direzione spirituale, all’interno della quale nascono le vocazioni alla vita sacerdotale e religiosa.
Particolare attenzione si dovrà porre, anche se con la dovuta prudenza, alla dimensione della formazione umana. Se è vero che il tempo del seminario e le esperienze della vita dovrebbero aver fornito un sufficiente strumentario per gestire la propria “sempre nuova” dimensione umana, è altrettanto vero che, sia un sano realismo sia una giusta dose di umiltà suggeriscono che, nell’ambito umano ed in particolare dell’affettività, nessuno possa considerarsi mai pienamente maturo, mai “arrivato”. Per questa ragione sarà importante, nel piano formativo, inserire momenti di “ripresa” teologico-spirituale delle ragioni profonde della scelta verginale e celibataria, senza escludere, con discernimento, l’ausilio delle scienza umane, accolte per quello che esse possono offrire: un aiuto a comprendere azioni e reazioni, a leggere, sempre in chiave dinamica, il modo di relazionarsi del sacerdote con le altre persone. Sappiamo bene, infatti, che le tappe della formazione umana non sono mai raggiunte una volta per tutte, ma che la libertà è sempre nuova, sempre deve scegliere per Cristo ed ha bisogno di sostegni per farlo.
Nella formazione permanente, in tale ambito umano, si potranno pensare incontri generali sulle normali dinamiche sociali, di relazione pubblica, ma si dovrà, necessariamente, anche avere il coraggio di mettere a tema questioni delicate ma delle quali è necessario avere la chiave di lettura spico-spirituale: il rapporti di leader del sacerdote rispetto alle altre persone, e la gestione di tale ruolo; la relazione frequente del sacerdote, per motivi pastorali e non solo, con ampio mondo femminile; le questioni riguardanti l’affettività, il suo possibile mutamento e la sua corretta gestione; la necessaria “compensazione” o “sublimazione” a seconda dei casi, che il presbitero è chiamato a realizzare nell’ambito della propria esistenza sacerdotale. Tutti temi delicati dei quali poco – troppo poco! – si parla sia perché, e vero, riguardano piuttosto il foro interno (che tuttavia non ha la competenza esclusiva della formazione affettiva), sia perché, forse, è molto difficile parlarne in modo sano, equilibrato, competente, utile e rispettoso dei differenti cammini e delle differenti storie.
In tale ambito non sarebbe fuori luogo, nel rispetto più assoluto della libertà di ciascuno, che la formazione permanente offrisse la possibilità di consulenze specialistiche, cristianamente orientate, capaci di “leggere” il vissuto sacerdotale e di restituirlo “de-potenziato”, cioè libero dalla carica di tensione che gli è propria, allo stesso presbitero. La condizione celibataria porta, per se stessa, delle nevrosi fisiologiche; tali nevrosi vanno riconosciute, accolte ed elaborate, per non bloccare o ferire l’umanità del sacerdote. L’esperienza insegna che gli investimenti nella formazione umana permanente del Clero, sono sempre ben riposti, portano frutto e prevengono quei disorientamenti che possono ferire profondamente ed attentare alla stessa integrità della vita sacerdotale.
Un ultimo ambito, di certo intervento, per quanto concerne il piano di formazione permanente è determinato da quella che possiamo chiamare formazione culturale in senso ampio. Che cosa intendo con tale termine?
Non sarebbe assolutamente fuori luogo, anzi sarebbe auspicabile, che i sacerdoti fossero aiutati a mantenere desti alcuni interessi culturali di base. Purtroppo tutti ben sappiamo come, spesso, non senza rammarico, sia difficile anche trovare il tempo di leggere un buon libro. Il servizio della formazione permanente, oltre all’offerta di un’ampia proposta di testi, potrebbe occuparsi della loro presentazione organica al clero, non tanto per sostituirne l’effettiva lettura, quanto per stimolarla.
Le diffuse iniziative del “libro del mese”, così apprezzate dai laici che si sentono in tal modo guidati ed accompagnati in un cammino di approfondimento culturale, valgono e possono valere anche per i sacerdoti. Meno di un libro al mese, permette di tenersi “desti culturalmente”?
In questo ambito risulta, poi, particolarmente feconda ed interessante, l’organizzazione di vere e proprie rassegne bibliografiche tematiche: cioè la presentazione di quanto, su un determinato tema, è stato pubblicato, in modo da avere un’idea, seppur generale, dello stato dell’arte.
Altro aspetto culturalmente rilevante è la musica. Cosa impedirebbe, ad un progetto di formazione permanente, di prevedere momenti di introduzione, e vero e proprio ascolto della musica? La musica è un linguaggio straordinariamente efficace, che educa il cuore di chi lo ascolta, riconducendolo a quella capacità di stupore che, sola, ridesta le domande ultime dell’uomo. La musica, come anche il Santo Padre ha più volte avuto l’opportunità di sottolineare, può essere un ottono strumento di evangelizzazione. Un tempo, quando in seminario si entrava poco più che fanciulli, era previsto un percorso di educazione di base alla musica; non c’era sacerdote che, almeno un poco, non sapesse suonare un organo e leggere uno spartito. Purtroppo questo enorme patrimonio è andato perduto. Non si potrà far nascere passione musicale dove non c’è, ma far comprendere l’importanza della musica, intesa come espressione artistica, ed il suo ruolo nel’evangelizzazione, può divenire una grande chance pastorale. Organizzare momenti di “ascolto guidato”, condotti da esperti, non solo tecnici, che facciano emergere con forza il significato spirituale dei brani musicali, (penso, ad esempio a “La goccia” di Chopin, nel quale riecheggia potente e sempre reiterata, la domanda profonda di significato propria del cuore umano) può divenire davvero un’occasione di piacevole condivisione e culturalmente edificante formazione.
Lo stesso dicasi per l’arte, in tutte le sue forme: la pittura, la scultura, l’architettura, ogni forma d’arte, se adeguatamente presentata ed assimilata allarga l’animo umano, lo aiuta ad intuire qualcosa del bello e del vero che è Dio.
Degli approfondimenti culturali fanno parte anche le varie sessioni di studio, che si possono organizzare, su temi di particolare interesse ed attualità. La sfida, ad esempio, della tecno-scienza, pone nuovi interrogativi etici che è doveroso non lasciare solo ai pronunciamenti della gerarchia la formazione dei presbiteri e, per conseguenza dei fedeli laici, in tali ambiti. Con essa, la bioetica, le frontiere del diritto, l’approccio ai temi di inizio e fine vita, la giustizia intesa come rapporto con la verità e l’equità.
Anche le mutazioni socio-filosofiche contemporanee, possono essere proposte. Dopo il fallimento ed il crollo delle ideologie del secolo scorso, quali nuovi movimenti filosofici si sono affacciati sulla scena pubblica? Cosa s’intende realmente per modernità o post-modernità, cos’è il tanto citato, anche dal magistero ufficiale, relativismo? Cosa si intende per società pluralista, multietnica post-cristiana?
Tutti termini che ben conosciamo, e dei quali, forse, potremmo anche dare una prima definizione, ma che, in realtà, prevedono e domandano lo sforzo di un approfondimento, per sapere dove realmente viviamo e in quale direzione stiamo andando. È sempre necessario informarsi e formarsi su quali “spostamenti” sociologici deve attendersi la società nei prossimi decenni e su come, in essa, ci sarà spazio per l’evangelizzazione e la formazione dei cristiani; infine, su quale ruolo ha ed avrà la “politica”, ed in quale relazione i cristiani debbano stare con essa.
Anche qualche approfondimento sui mezzi di comunicazione sociale e sul rapporto dei presbiteri con i media (soprattutto giornali, radio e televisione), potrebbe essere molto utile sia alla comprensione di determinate dinamiche di grave condizionamento del pensiero sociale, sia come possibilità di utilizzare gli spazi “rimasti liberi”, per esser presenti in un mondo, quello della comunicazione, che pare aver estromesso completamente, o quasi, Dio.
Certamente non esiste il “piano formativo ideale”, ma esistono le persone che, concretamente, possono lavorare in modo serio ed indefesso, perché i percorsi di formazione permanente siano davvero tali; possano interessare ed affascinare i presbiteri, aiutarli ad essere presenti nel mondo in maniera consapevole ed il meno inadeguata possibile, sostenerli nel difficile compito di annunciare il Vangelo, insegnare la dottrina e, quando necessario, anche difenderla.
Il progetto di formazione permanente, dipende in larghissima misura, dalle persone che lo elaborano, lo realizzano e lo vivono. Perché è solo l’incontro personale che può destare, efficacemente, il cuore e determinarlo ad un vero rinnovamento.
Salvatore Vitiello
Università cattolica del Sacro Cuore – Roma